Patologie del Piede
LE PATOLOGIE DEL PIEDE Dal punto di vista anatomico, il piede è l'estremità dell'arto inferiore del corpo umano. E' un organo complesso, costituito da un grande numero di articolazioni, che ne consentono il movimento e l'adattabilità a tutte le superfici. Si tratta di una struttura anatomica fondamentale, perché su di essa agiscono tutti i carichi generati dal movimento corporeo, sia nell'attività sportiva che nella vita di tutti i giorni. E' alla base del c.d. sistema di controllo antigravitario (sistema posturale o di equilibrio), che ha permesso all'uomo di assumere la postura eretta e di spostarsi nello spazio.
Il
piede è formato da 26
ossa, numerosi
muscoli e complesse articolazioni. Si
distingue in:
Il piede deve essere protetto con l'uso di calzature idonee e attentamente curato, cercando di prevenire ogni eventuale patologia. Un piede che non dà segno di sé è un piede normale, mentre un piede che si fa “sentire” può essere un piede malato. Si possono infatti verificare eventi traumatici, patologie degenerative, infiammazioni, deformità congenite o acquisite che alterano il movimento del piede, la deambulazione o la postura dell'intero corpo.
Le
patologie più diffuse sono l'alluce valgo,
l'alluce rigido, possibili deformità delle dita,
il neuroma di Morton, la fascite plantare e la
spina calcaneare, la distorsione
dell'articolazione dell'alluce, il piede piatto.
Lo scheletro del piede è un costituito
dall'articolazione di 28 ossa, comprese le ossa
sesamoidi costanti del piede. Tale numero può
tuttavia variare da persona a persona per la
presenza di uno o più sesamoidi incostanti o di
alcune ossa dette “ossa accessorie” del piede.
Le ossa accessorie del piede sono collocate in
varie aree del piede e sono presenti solo in un
ristretto numero di persone; la causa della loro
particolare formazione è l'insorgenza di centri
di ossificazione multipli, che suddividono il
primitivo abbozzo cartilagineo di un osso in più
ossa.
Un cenno particolare meritano l’astragalo e il
calcagno, che sono molto importanti nella
biomeccanica del piede. L’astragalo (una
delle ossa meno vascolarizzate dell'organismo,
ricoperto all’80% da cartilagine per consentire
la fluidità nel movimento) è posto al centro del
piede e costituisce il perno osseo di tutta la
regione; esso distribuisce sugli archi plantari
il peso del corpo, che viene poi scaricato su
tre punti principali di appoggio, ovvero la
tuberosità posteriore del calcagno e le teste
del primo e quinto metatarso (in ordine
decrescente). Non a caso quindi, il calcagno è
molto voluminoso; nella parte posteriore del
calcagno vi è una sporgenza rugosa sulla quale
si inserisce il tendine calcaneare (c.d. tendine
di Achille), che origina dai muscoli del
polpaccio, fondamentale per la deambulazione. NEUROMA DI MORTON
E’ semplicemente l’aumento di volume di un nervo sensitivo interdigitale, solitamente quello passante nel terzo spazio intermetatarsale, provocato da uno stimolo irritativo cronico di natura meccanica, che causa la crescita di tessuto cicatriziale fibroso intorno al nervo stesso, subito prima della sua biforcazione ala radice delle dita. Il nervo cosi’ ispessito trasmette tipiche sensazioni dolorose che danno nome a una sindrome che prende il suo nome da Thomas G..Morton, il medico che nel 1876 a Philadelphia, descrisse la sindrome dolorosa correlata ad esso, anche se sembrerebbe gia’ conosciuta e descritta precedentemente in Inghilterra alla corte della regina.
Anche il termine neuroma e’ assolutamente improprio in quanto il suffisso “oma” indica una condizione tumorale del nervo, in questo caso assolutamente inesistente, trattandosi esattamente di una “fibrosi perineurale”, cioe’ la formazione di tessuto cicatriziale fibroso causata dalla continua frizione sul nervo delle adiacenti ossa metatarsali e del legamento intermetatarsale profondo, che a livello del terzo spazio sono piu’ mobili rispetto ad altre parti del piede.
Il neuroma di Morton è una sindrome caratterizzata da acuto dolore alla pianta del piede, localizzato alla base del 3° e del 4° dito. La localizzazione piu comune e’ infatti a tale livello, interessando nell’80 % dei casi il nervo che trasmette parte della sensibilita’ al terzo e quarto dito. Un ulteriore 15 % riguarda il secondo spazio, mentre rarissime sono le altre localizzazioni.
Il paziente affetto da neuroma di Morton lamenta un dolore acuto sotto la pianta del piede a volte di tipo urente localizzato solitamente tra terzo e quarto metatarso, con irradiazione tra le dita, a volte accompagnato da una sensazione di “qualcosa” che si muove tra i metatarsi con rumore di scroscio e dolore correlato al movimento. FASCITE PLANTARE
Per fascite plantare si intende un processo infiammatorio del cosiddetto "legamento arcuato" (detto anche "aponeurosi plantare"), che è una fascia fibrosa che parte dalla zona mediale del calcagno sino ad arrivare ai legamenti delle dita del piede. Tale infiammazione di solito avviene al livello dell’inserzione calcaneare (cioè alla base del calcagno, che è meno vascolarizzata), e può essere associata alla spina calcaneare e cioè ad una formazione ossea speroniforme, che si estende verso le dita del piede a partire dal processo mediale di uno o ambedue i calcagni. La fascia plantare e la sintomatologia della fascite plantare
La fascite plantare può essere causata da modificazioni degenerative del legamento arcuato dovute a microtraumi ripetuti, che causano una infiammazione dell'osso (periostite) da trazione e delle microlacerazioni, oppure ad una eccessiva sollecitazione della fascia plantare. Questa patologia colpisce spesso gli sportivi (maratoneti, giocatori di basket, calciatori, ed altri altleti che praticano sport in cui gli arti inferiori sono molto sollecitati). Può accadere inoltre che durante movimenti particolarmente violenti, come ad esempio la fase di stacco durante il salto, oppure in situazioni nelle quali venga fortemente aumentato il carico sulla pianta del piede, come ad esempio correre velocemente in curva, si possa verificare una rottura dell’aponeurosi plantare alla sua origine calcaneare o nei flessori brevi delle dita. La fascite plantare si può manifestare al livello del calcagno (fascite plantare prossimale) oppure a livello del mesopiede (fascite plantare distale). Esempio di risonanza magnetica di flogosi e lesione della fascia plantare all'inserzione sul calcagno
La fascite plantare si manifesta con graduale inizio del dolore all’interno del tallone, che provoca una deambulazione alterata, in cui si poggia prevalentemente l'avampiede. In caso di rottura della fascia plantare si avverte un dolore acuto, "a strappo", e non si riesce più a camminare. La sintomatologia dolorosa è molto caratteristica: al risveglio si avverte un dolore fortissimo ed è quasi impossibile muoversi; solo dopo aver camminato, anche per poco, si avverte un miglioramento.
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SPERONE CALCANEARE Lo sperone o spina calcaneare è una patologia a carattere prettamente degenerativo, dovuta principalmente all'artrosi o al cronicizzarsi della fascite plantare; a differenza della fascite può essere anche asintomatica. Esempi radiografici di spina calcaneare:
Il trattamento e la cura La fascite plantare difficilmente ha una risoluzione spontanea. Il trattamento immediato prescritto è generalmente l’applicazione locale di ghiaccio, accompagnato all'uso di una talloniera in silicone, che ha lo scopo di assorbire gli urti. Nei casi più gravi, può essere utile la terapia fisica (tecar terapia, massaggi, ultrasuoni, laser) associata a stretching della fascia plantare, del c.d. tendine di Achille e della muscolatura del polpaccio, nonché all'uso di plantari adeguati e ad infiltrazioni locali di farmaci antinfammatori. Recentemente si è introdotta una nuova terapia, che prevede l'infiltrazioni di derivati del plasma del paziente (c.d. ACP) con risultati incoraggianti. Per lo sperone calcaneare il trattamento è sostanzialmente lo stesso. In più è prevista solo la terapia con onde d'urto, che può ridurre la patologia e portare buoni risultati. Quando la patologia è grave o non si risolve con le cure sopra descritte, si può valutare un intervento chirurgico, che prevede sempre il c.d. release della fascia plantare (ovvero dei tagli che consentono il rilascio e l'allungamento della fascia plantare). Nel caso dello sperone calcaneare si effettua anche l’asportazione della spina. I tempi di guarigione sono nell’ordine di circa 6 mesi. Purtroppo occorre ricordare che le ricadute sono piuttosto frequenti ed il problema può ripresentarsi dopo pochi mesi. Molte di queste ricadute sono comunque da imputarsi ad una scarda attenzione al decorso postoperatorio (che in questi casi è delicato) o alla rientro in tempi troppo brevi all’attività sportiva, che spesso viene ripresa anche in presenza di una residua sintomatologia dolorosa. Nel caso di ricadute, l'unica soluzione è sottoporsi ad un nuovo intervento di liberazione della fascia plantare, con una piccola incisione chirurgica o anche per via artroscopica.
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AVVOLGENTE
![]() ![]() ALLUCE VALGO L’alluce valgo è una delle patologie più diffuse a carico del piede. E’ caratterizzato da una deformità del primo dito (l’alluce, appunto) che comporta una deviazione laterale della falange, con lussazione dei sesamoidi, due piccole ossa entro le quali si trova l’articolazione dell’alluce. In genere, questa deformità è accompagnata da una tumefazione dolente della parte interna del piede, la cosiddetta “cipolla”, che altro non è che una forma di borsite, cioè di infiammazione da sfregamento con la calzatura.
Esempio radiografico di Alluce valgo
La deformità
dell’alluce
valgo si associa
spesso al piede
piatto, in
quanto la
ridotta
curvatura della
pianta porta a
sovraccaricare
in modo
esagerato la
parte anteriore
del piede, e può
causare, oltre a
lesioni cutanee
(callosità,
ulcerazioni) che
abbiamo già
visto, anche
deformazioni al
secondo e terzo
dito, definiti
"a martello" e
ulteriori
conseguenze come
lesioni
osteoarticolari
all’avampiede e
persino
ripercussioni
gravi sui
ginocchi, sulle
anche e sulla
colonna
vertebrale. Cause La causa dell’alluce valgo può essere primaria o congenita – con la tendenza a svilupparsi nell’età dell’accrescimento – o secondaria o acquisita, come nelle forme rachitiche, infiammatorie, infettive, tropiche, traumatiche, ecc. In quest’ultimo caso, una responsabilità notevole può essere attribuita a modelli di calzatura inadeguati alla fisiologia del piede, ad esempio scarpe con tacco alto o strette in punta. Quelle con il tacco eccessivamente alto (fino a 12/14 centimetri) costringono il piede a una posizione innaturale, accorciando il tendine di Achille. In questo modo, si sposta eccessivamente il peso del corpo in avanti stravolgendo la funzione stabilizzante del piede nella ripartizione del peso. Tutto il peso, infatti, va a gravare su un’area più piccola rispetto alla pianta completa, il che fa assumere ai piedi una posizione ruotata verso l’interno, che, tra l’altro, può favorire la distorsione delle caviglie. Non è superfluo, qui, richiamare alcuni principi di biomeccanica del piede durante la fase dinamica, cioè il cosiddetto ciclo del passo, che è costituito sommariamente da tre diverse fasi: appoggio completo, sollevamento del calcagno, fase di spinta.
Nella fase del
contatto
completo tra
superficie
plantare e suolo
si ha la massima
pronazione del
piede (momento
dell’impatto).
Nella fase
intermedia si
passa dalla
pronazione alla
supinazione
(sollevamento)
del piede e il
muscolo tibiale
posteriore
inizia a
contrarsi. Nella
fase di spinta,
invece, la
fascia plantare
è messa in
tensione dalla
flessione della
testa del primo
metatarso e
dell’alluce
(effetto argano)
e il piede si
trasforma in una
leva rigida per
facilitare la
spinta. Il paziente che soffre di alluce valgo, oltre che nella zona della “cipolla”, prova dolore sotto carico nella pianta del piede. Ma sono le conseguenze estetiche e, soprattutto, funzionali, cioè eventuali problemi legati alla deambulazione, talora anche invalidanti, che lo spingono a rivolgersi a uno specialista. L’importanza di calzature adeguate
Il primo
consiglio da
fornire a chi
soffre di questa
patologia è
ricorrere a
calzature
adeguate. La
scarpa migliore
per la salute
del piede è
quella che
riprende la sua
forma naturale,
che fornisce
sostegno
all’arco
plantare e
presenta una
tomaia morbida e
priva di
cuciture e una
suola flessibile
al di sotto
della punta del
piede, come
fanno la maggior
parte delle
calzature
sportive. E se
proprio vogliamo
il tacco, che
non superi i
quattro/cinque
centimetri. Una
buona scarpa,
infatti, ha una
suola
relativamente
piatta e che si
adatta
comodamente al
tallone e la
parte anteriore
deve essere
sufficientemente
spaziosa per
accogliere la
punta del piede.
In genere, i
podologi non
sono troppo
favorevoli
nemmeno alle
famose
“infradito”, in
quanto troppo
piatte, troppo
morbide e non in
grado di offrire
sostegno,
protezione,
contenimento al
piede, che
rischia con più
facilità urti o
scivolate.
CONSIGLIA E PROPONE LE CALZATURE SPECIALISTICHE :
Il ricorso all’intervento chirurgico Per risolvere il problema in modo definitivo, bisogna ricorrere all’intervento chirurgico. Esistono diverse tecniche per il trattamento dell’alluce valgo: alcune agiscono sull’osso, altre sulle parti molli e altre ancora su entrambi. Prima dell’intervento è necessaria però una precisa valutazione clinico-radiologica del piede in scarico e sottocarico, stabilendo l’ampiezza in gradi della deviazione ossea e tenendo conto, naturalmente, dell’età, del sesso, dell’attività motoria del paziente, ecc. Gli obiettivi dell’intervento chirurgico sono la correzione dei parametri clinici e radiologici che comprendono il corretto riallineamento dell’alluce, con il controllo della metatarsalgia centrale, il miglioramento dell’angolo di valgismo e l’eliminazione del tessuto osseo in eccesso a livello della sporgenza della borsa (cipolla).
Il tipo di
intervento più
frequente è
quello
denominato osteotomia
percutanea
distale.
Questa tecnica
permette la
correzione della
deviazione del
metatarso
attraverso una
sezione
dell’osso,
eseguita
praticando una
piccola
incisione
cutanea, non più
lunga di un
centimetro, a
livello distale
del metatarso. |